DENTRO E FUORI LA SCUOLA

La mostra Medici Senza Frontiere “I lavoratori stagionali: i frutti dell’ipocrisia” tenuta presso la scuola “G. Salvemini” di Palermo nacque dall’esigenza di accostare i ragazzi dell’istituto, in particolare quelli che frequentavano i corsi di fotografia, ad un tema che fosse fotografico e allo stesso tempo sociale, in modo da costituire un argomento di riflessione ulteriore con le altre discipline.

I temi proposti da Medici Senza Frontiere nel sito erano 5, ma quello scelto mi sembrò il più opportuno da proporre al dirigente scolastico dal momento che la realtà affrontata nelle immagini coinvolgeva sicuramente il Mezzogiorno.

A due passi da casa ogni studente poteva, infatti, trovare una situazione lontana mille miglia dal benessere in cui viveva la propria famiglia: lavoratori agricoli, impiegati nelle raccolte stagionali del pomodoro o dell’uva, a cui sono stati negati i diritti minimi essenziali come quelli dell’acqua e dell’assistenza sanitaria.

Nel 2004 una squadra di operatori umanitari MSF ha percorso la Puglia, la Campania, la Calabria e la Sicilia, regioni dove si producono grandi quantità di pomodoro, con lo scopo di accertare le condizioni di vita dei lavoratori extracomunitari contrattati per la raccolta. Il fotografo dell’agenzia Contrasto, Francesco Cocco, ha documentato il viaggio realizzando un reportage di indiscussa efficacia.

L’iniziativa proposta a scuola non ebbe alcun ostacolo di tipo amministrativo. Ho constatato, invece, che le rivendicazioni (legittime o meno) di ordine economico dei docenti e la fisiologica mancanza di denaro dell’istituzione scolastica possono costituire una reale barriera alla ricerca di percorsi alternativi di istruzione.

Se portare le classi fuori l’istituto a vedere una mostra comporta una serie di problemi, perché non portare una mostra dentro l’Istituto? Poiché si voleva che tutto l’istituto fruisse della mostra, si decise che l’esposizione dovesse essere fatta nelle due sedi, quella centrale e quella succursale, con il coinvolgimento diretto di due classi quinte. Facendo partecipare gli alunni alla preparazione dell’esposizione, la didattica fu arricchita anche dell’esperienza dell’allestimento.

Per quella settimana le mie lezioni si svolsero in Aula Magna e nel laboratorio fotografico, avendo come scenografia le immagini della mostra che stimolavano gli interventi degli studenti dal punto di vista tecnico, stilistico, di linguaggio. Per alcune classi il dibattito è continuato con altri insegnanti che hanno approfondito temi di tipo sociale correlati con l’argomento trattato dalla mostra. L’evento ha comunque richiesto un lavoro notevole per quanto riguarda l’aspetto organizzativo, di public relations e logistico.

Ogni fatica è comunque stata compensata dall’entusiasmo e dalla curiosità degli allievi. Con rammarico ho però constatato il carente appoggio da parte della vicepresidenza e il disinteresse di non pochi colleghi, evidentemente schiacciati dal fardello dei problemi che ogni docente deve risolvere quotidianamente, oppure troppo impegnati in forme di didattica tradizionali, le uniche che consideravano realmente formative.

Le riforme sono necessarie, ma quello che bisogna cambiare è il punto di vista della formazione.